PASQUINO

Io e Pierfrancesco, Pier, perchè non amo le lungaggini, siamo amici. Ci siamo conosciuti durante una delle mie feste e ci siamo fatti immediatamente molta simpatia e soprattutto molta curiosità; lui della mia proverbiale accoglienza, io della sua educata galanteria. Così, senza alcun retropensiero e con l'unico scopo di soddisfare il reciproco desiderio di sapere, abbiamo deciso di conoscerci meglio. Pronti a proseguire in presenza di una reale sintonia di pensiero, o a salutarci in presenza di un legittimo abbaglio.
Pier è uno degli uomini più intelligenti che abbia mai conosciuto. Ha una mente veloce e brillante, che gli consente di notare microscopici dettagli e costruirci sopra gigantesce teorie, a volte sorprendentemente azzeccate, a volte talmente contorte da essere comprensibili solo a lui, ma che suscitano comunque interesse quel tanto che basta per volerne discutere ancora.. E poi fa ridere. Tanto. Che sia lui il mattatore assoluto, o che intervenga nel discorso di altri, fa ridere e ha un modo tutto suo di farlo. Non è di quelli che hanno la battuta sempre pronta o a tutti i costi, no. Lui  ha veri e propri guizzi di acume, che danno a chi lo ascolta la voglia di saperne di più, la curiosità di capire chi c'è dietro quella prontezza di parola, dietro quell'ingegno vivace, che lascia sempre una sorta di firma; come un moderno Pasquino, con una saggezza tutta sua, che riconoscerei fra milioni di saggi pensieri.
Ci conosciamo molto bene, io e Pier. Sappiamo tutto ciò che c'è da sapere l'uno sulla vita dell'altra. Conosco molto bene il bello e il brutto della sua umanità. Conosco le sue cicatrici; alcune ormai quasi impercettibili, altre ancora troppo recenti per diventarlo.
Gli ho visto attraversare l'inferno  senza che lui potesse evitarlo e senza che potessi evitarglielo io. Sono rimasta a guardare e ad aspettare, con il mio senso di impotenza e la paura di perderlo. Ma sono rimasta. A volte urlandogli in piena faccia; a volte sussurrando nascosta dietro l'angolo; a volte in silenzio, perchè non avevo più parole da offrirgli.
L'ho visto perso, solo, spaventato e poi l'ho visto uscirne, con qualche bruciatura, ma con l'anima ancora al suo posto. E l'ho visto ricominciare piano piano, provando ad accettare la responsabilità di essere l'uomo di valore che è. Un uomo in grado di affrontare il buio, cosi come godersi il più piccolo spiraglio di luce. Un uomo che non ha paura di raccontare il suo passato, con  l'intelligenza e l'ironia  di chi ha imparato ad accettare le scelte altrui, relegando i rimpianti nel cassetto della memoria meno dolorosa e concedendo a se stesso la compagnia della giusta voglia di un meritato riscatto.
Siamo amici io e Pier. Indiscutibilmente. Abbiamo sintonia di sguardi e di pensieri. Ci siamo costruiti un posto solo nostro, portando ognuno i propri mattoni e posizionandoli al posto giusto. Un posto in cui fare abitare pensieri e gesti che solo noi possiamo capire e che appartengono alla storia della nostra amicizia.  Un posto in cui ci siamo raccontati la vita con educazione e misura e  abbiamo toccato con mano l'uno le fragilità dell'altro senza invadenza, con rispetto. Abbiamo usato le spalle per appoggiarci le lacrime e i polmoni per restare senza fiato dal ridere. Ci siamo trovati di fronte alla disperazione che, mascherata da opportunità, ci è piombata addosso con il suo  esercito fatto di rancore, frustrazione e rabbia. E abbiamo dovuto scegliere se battere in ritirata, o provare a lottare. Ci siamo guardati, abbiamo vacillato, ma abbiamo scelto di combattere. E abbiamo vinto noi.








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