Oggi è il mio compleanno. Compio sessant'anni. Cazzo! Sono tanti e mi spaventano e magari scriverlo mi riesce molto più facile che pensarlo ed accettarlo. E magari condividerlo pubblicamente esorcizza un pò questa paura. Sono certa che più di qualcuno, conosciuto e sconosciuto che sia, sta pensando "beata te che ci sei arrivata", senza sapere o senza considerare che i sacrifici che ho fatto per arrivarci, non hanno nulla a che vedere con la beatitudine. Certo, riconosco che è sicuramente un traguardo, come tutte le decine, sopratutto dal mezzo secolo in poi. Un traguardo che sto cercando di vivere come meglio posso, fra nostalgia e curiosità; in attesa di qualcosa che aspetto da tanto e che abbia un nuovo odore, un nuovo sapore, che prevalgano su odori e sapori, annusati e gustati fino ad ora. Devo essere onesta con me stessa e con voi che leggete. Da qualche giorno e anche ora, mentre scrivo, ho un impercettibile, ma costante groppo in gola che non diventa mai pianto. E rimango seduta, sull'orlo delle lacrime, sperando che passi un ricordo doloroso, un alibi, una giustificazione qualunque, che le spinga a rotolare velocemente giù e altrettanto velocemente andarsene affanculo. E mentre aspetto, entro ed esco da questi sessant'anni a mio piacimento. Esco e mi incammino, tenendo per mano la mia fantasia, il mio coraggio, la mia fragilità e immaginando di fare ciò che non ho mai potuto o voluto fare. Immaginando di poter ridare dignità a persone e situazioni; di dimostrare che sono ancora in piedi, ancora dritta sulla mia schiena e senza alcuna intenzione di piegarmi; di urlare a chi ha finalmente voglia di ascoltarmi, che ho dato tanto amore. Tanto. Anche a chi non se ne è mai accorto. Anche a chi non lo ha meritato e molto di più ci quanto ne abbia ricevuto. Esco per fare una carezza sul viso di coloro ho amato e mi hanno amata. E non perchè io abbia paura di dimenticarli, ma per chiedere a loro di non dimenticarmi mai. Esco e vado a mostrare le cicatrici a chi mi ha ferita e lo faccio con grande distacco; perchè non le considero più regali di cattivo gusto, ma prestiti a vita, da mettere via e dimenticarsene pian piano, a meno che non ne venga richiesta la restituzione per fare ammenda. E poi rientro e affronto quella che sono con tutta la forza che ho, che sia prorompente rendendomi combattiva, o quasi inesistente rendendomi devastabile. Costantemente divisa a metà fra tra la consapevolezza di essere uno spirito libero e non riuscire ancora a condividere con qualcuno nè lo spirito, nè la libertà. Fra la la voglia di congratularmi con me stessa per essere quella che sono e la voglia di prendermi a calci nel culo, per non aver osato, rischiato e desiderato ancora di più. Fra la voglia di ruggire di rabbia e il desiderio di temermi costantemente abbracciata con tutto l'amore di cui sono ancora capace. Non mi ritengo baciata dalla fortuna per essere arrivata a questi sessant'anni. Per niente. Ritengo di essermela andata a cercare, questa fortuna e di averne usufruito per vincere costantemente le battaglie che mi hanno lasciato in premio Daniela.
So di essere stata un pò confusionaria, nell'esprimere quello che provo. So di non aver scritto questo post con la solita precisione, le solite virgole al punto giusto e rileggendo parola per parola almeno 10 volte prima di pubblicarlo. Sono andata di pancia. E di pancia inizio il mio cammino da sessantenne cantando a squarciagola: "Vorrei che fosse oggi in un attimo già domani, per riniziare, per stravolgere tutti i miei piani. Perchè sarà migliore e io sarò migliore come un bel film che lascia tutti senza parole." Me per prima.
❤️
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