Nel 2019 ho deciso di aprire un blog, scrivendo due righe e postando due foto e due canzoni. Poi man mano ho cominciato a sentire qualcosa che mi ha spinto ad osare un pò di più. All'inizio avevo più che altro la curiosità di mettere su carta i miei pensieri per vedere se concettualmente e foneticamente suonavano altrettanto bene e per capire se avrebbero avuto la stessa ironia, malinconia, possenza e fragilità di come li avevo pensati; erano tantissimi, indisciplinati, scorretti, irrispettosi. Si spintonavano fra di loro, scatenando una rissa al giorno per chi voleva accaparrarsi il premio prepotenza alla carriera. E' stato molto faticoso riportare l'ordine e la calma in quell'emisfero del cervello che gridava vendetta attraverso i ricordi e aiuto attraverso gli stati d'animo. Ma pian piano mi sono accorta di potercela fare e pian piano ho dato spazio alla voglia prima e all'esigenza poi, di esprimerli, questi benedetti pensieri; per dar loro una forma, una consistenza, un colore. Per avere la sensazione di poterli toccare, lasciandone dissolvere qualcuno e facendomi abbracciare dal calore di qualcun altro. Per accarezzarli o per prenderli a calci nel culo e viceversa. E mi sono buttata nelle braccia della mia esigenza, accettando di esporre me stessa al primo insindacabile giudizio: il mio.
Ho scritto un sacco di cose. E non è stato facile, perchè io non sono una scrittrice, sono solo una che ama condire concetti e frasi con lacrime e sorrisi, con ironia e autoironia, dai miei ricordi di bambina, ai miei pensieri di donna. Ho scritto della mia famiglia, di ognuno di loro. Ho scritto di amici che hanno partecipato e partecipano tutt'ora alla mia vita condividendo il mio percorso, fra risate, cazziatoni, momenti bui e momenti goliardici, prendendo parte a tutto ciò che le nostre vite avevano e hanno voglia di fare e poi riguardandolo da spettatrice. Ho cambiato radicalmente idea su alcune persone e ho avuto conferme su altre e non sempre piacevoli; alcune di queste assolutamente e tristemente inaspettate, che ho fatto fatica a comprendere, ma che attraverso istinto e deduzione ho accettato, nel rispetto delle debolezze e delle fragilità dell'essere umano.
E quando ho messo tutto insieme nel mio "Lagnamelagna", mi sono ritrovata a leggere qualcosa che ero sicura di aver espresso nell'esatto modo in cui volevo esprimerlo. L'ho considerata una gioia, una liberazione, un bisogno, una prova di coraggio e di forza. Ho letto gli apprezzamenti per il modo in cui scrivo e ne ho goduto parecchio. Ho letto gli insulti e me ne sono fregata altamente di chi vive la propria infelicità invidiando e bramando la felicità degli altri; respingendola, invece di avere la curiosità di respirarla, di assimilarla e legittimamente desiderarla senza dover necessariamente devastare quella altrui. Ho capito che questo mio libro è stata una cosa bella, di cuore, di sentimento, di neuroni che girano in un certo modo, probabilmente quello giusto. Sicuramente giusto per me.
Cosi come so che è giusto per me continuare a scrivere come la blogger che in realtà sono, sui miei profili social. E non perchè io sia stanca di scrivere in questo blog (che rimane comunque consultabile), ma perchè credo che i pensieri scritti in modo più conciso siano decisamente più fruibili, perfino più leggeri.
Io scriverò ogni qualvolta avrò la voglia e il bisogno di raccontare i dettagli di me e della mia vita, o dei colori, dei rumori e degli odori della vita che mi gira intorno; a volte lentamente, a volte vorticosamente, ma che mi nutre costantemente, offrendomi sfarzosi pasti luculliani, disgustosi bocconi amari o rassicuranti zuppe di latte con biscotti. E l'illusione di poter scegliere quale menu ordinare.
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