Scrivere di Wanda non è propriamente facile. Non posso parlare di lei come se fosse una consanguinea o un'amica di famiglia e non voglio definirla "matrigna", un termine che ho sempre detestato perchè è accostato a personaggi delle favole dall'infanzia devastata, che trovo anche foneticamente brutto e quasi sempre direttamente proporzionale al termine "orfano", altrettanto brutto. Messi insieme fanno tristezza, tolgono il sorriso e tengono i ricordi appannati. Quindi proverò a raccontare di lei, senza darle alcun appellativo, anche perchè, in reltà, non è necessario.
La prima volta che ho incontrato Wanda, avevo perso mia madre da poco. Troppo poco per sapere quanto mi sarebbe mancata e quanto ne avrei avuto bisogno durante il mio percorso di vita. Così, curiosa di vedere cosa aveva da offrirmi il mondo di quella bella donna, delicatamente raffinata, dall'aria leggermente aristocratica e i modi carezzevoli, mi sono fidata e affidata a lei. Ho superato in fretta la legittima gelosia che avevo per mio padre e per chiunque tentasse di portarmi via anche lui e ho fatto il mio mestiere di bambina, pretendendo l'amore che non ricordavo di aver avuto e che, come tutti i bambini, meritavo di ricordare per tutta la vita.
L'ho chiamata "mamma" da subito, perchè avevo un bisogno viscerale di sentirmi pronunciare quella parola. Sentivo che era una cosa importante, sia per me che per lei. Mi piaceva il suono della mia voce mentre lo dicevo. E non ha mai smesso di piacermi.
Durante tutto il tempo vissuto insieme, l'unico rapporto di cui sono stata davvero gelosa era quello fra lei e mia sorella maggiore che, al momento dell'ingresso di Wanda nella nostra vita, aveva docici anni. Tre anni più di me. Tre anni di differenza fondamentali, perchè pieni di segreti da adolescente, da poter confidare ad una donna adulta, piena di consigli da dare e che mi lasciavano lì, a guardare in silenzio, sperando che venisse presto il mio turno.
Dopo la separazione da mio padre, sette anni dopo, ce l'ho avuta con lei per un bel pò di tempo. Per non aver lottato abbastanza per noi. Per non aver dimostrato di volerci con sè, anche a costo di entrare in una guerra senza esclusione di colpi. Per essersi arresa subito con una leggerezza d'animo a cui non riuscivo a rassegnarmi.
E ho faticato a riammetterla nella mia vita e nel mio cuore. Sono riuscita a perdonarla solo quando mi sono messa nei suoi panni. I panni di una donna che, per amore, ha scelto di entrare in una famiglia in cui il sorriso, la solidarietà e la condivisione dei sentimenti erano un bene di lusso. Una donna con le spalle troppo fragili per sopportare una lotta troppo più grande di lei, senza nessun supporto da parte di chi avrebbe dovuto essere dalla sua parte e che, in realtà, non è mai andato oltre le parole di ipocrita circostanza.
Più passavano gli anni, più vivevo e più imparavo cose della vita e di me stessa, anche attraverso di lei, attraverso la sua storia di donna e di madre.
E ho capito molte cose. Ho capito che a volte si è obbligati a scegliere il male minore, per poter sopravvivere al male maggiore. Come ha fatto lei, scegliendo di riemergere dalla voragine che l'aveva inghiottita; scegliendo di non spiegare e di non difendersi, piuttosto che raccontare tutto il suo dolore. L'ho vista rialzarsi piano piano, con fatica, guardando dritta davanti a sè. L'ho vista diventare forte e indipendente, mantenendo intatta la sua innata delicatezza, mista a quel pizzico di furba ingenuità con cui, da sempre, si diverte a prenderci in giro e a farsi prendere in giro.
L'ho vista diventare un'ottima madre, che non ha mai fatto differenze di sangue fra figli, anzi. Che non ha mai tentato di dividerci in alcun modo, anzi. Una donna capace di perdonare e farsi perdonare. Una donna che, in tutto il suo percorso, ha dato tanto più amore di quanto, in realtà, ne ha ricevuto, meritando dalla vita molto di più di quello che, in realtà, ha avuto.
Una donna che ha sempre vissuto in un mondo tutto suo, fatto di una sorta di romantica ingenuità mista ad una inesauribile quantità di amore da distribuire. Un mondo generoso, accogliente. Un mondo con la porta costantemente spalancata, per tutti i mondi che vogliono entrare e sedersi alla sua tavola.
La prima volta che ho incontrato Wanda, avevo perso mia madre da poco. Troppo poco per sapere quanto mi sarebbe mancata e quanto ne avrei avuto bisogno durante il mio percorso di vita. Così, curiosa di vedere cosa aveva da offrirmi il mondo di quella bella donna, delicatamente raffinata, dall'aria leggermente aristocratica e i modi carezzevoli, mi sono fidata e affidata a lei. Ho superato in fretta la legittima gelosia che avevo per mio padre e per chiunque tentasse di portarmi via anche lui e ho fatto il mio mestiere di bambina, pretendendo l'amore che non ricordavo di aver avuto e che, come tutti i bambini, meritavo di ricordare per tutta la vita.
L'ho chiamata "mamma" da subito, perchè avevo un bisogno viscerale di sentirmi pronunciare quella parola. Sentivo che era una cosa importante, sia per me che per lei. Mi piaceva il suono della mia voce mentre lo dicevo. E non ha mai smesso di piacermi.
Durante tutto il tempo vissuto insieme, l'unico rapporto di cui sono stata davvero gelosa era quello fra lei e mia sorella maggiore che, al momento dell'ingresso di Wanda nella nostra vita, aveva docici anni. Tre anni più di me. Tre anni di differenza fondamentali, perchè pieni di segreti da adolescente, da poter confidare ad una donna adulta, piena di consigli da dare e che mi lasciavano lì, a guardare in silenzio, sperando che venisse presto il mio turno.
Dopo la separazione da mio padre, sette anni dopo, ce l'ho avuta con lei per un bel pò di tempo. Per non aver lottato abbastanza per noi. Per non aver dimostrato di volerci con sè, anche a costo di entrare in una guerra senza esclusione di colpi. Per essersi arresa subito con una leggerezza d'animo a cui non riuscivo a rassegnarmi.
E ho faticato a riammetterla nella mia vita e nel mio cuore. Sono riuscita a perdonarla solo quando mi sono messa nei suoi panni. I panni di una donna che, per amore, ha scelto di entrare in una famiglia in cui il sorriso, la solidarietà e la condivisione dei sentimenti erano un bene di lusso. Una donna con le spalle troppo fragili per sopportare una lotta troppo più grande di lei, senza nessun supporto da parte di chi avrebbe dovuto essere dalla sua parte e che, in realtà, non è mai andato oltre le parole di ipocrita circostanza.
Più passavano gli anni, più vivevo e più imparavo cose della vita e di me stessa, anche attraverso di lei, attraverso la sua storia di donna e di madre.
E ho capito molte cose. Ho capito che a volte si è obbligati a scegliere il male minore, per poter sopravvivere al male maggiore. Come ha fatto lei, scegliendo di riemergere dalla voragine che l'aveva inghiottita; scegliendo di non spiegare e di non difendersi, piuttosto che raccontare tutto il suo dolore. L'ho vista rialzarsi piano piano, con fatica, guardando dritta davanti a sè. L'ho vista diventare forte e indipendente, mantenendo intatta la sua innata delicatezza, mista a quel pizzico di furba ingenuità con cui, da sempre, si diverte a prenderci in giro e a farsi prendere in giro.
L'ho vista diventare un'ottima madre, che non ha mai fatto differenze di sangue fra figli, anzi. Che non ha mai tentato di dividerci in alcun modo, anzi. Una donna capace di perdonare e farsi perdonare. Una donna che, in tutto il suo percorso, ha dato tanto più amore di quanto, in realtà, ne ha ricevuto, meritando dalla vita molto di più di quello che, in realtà, ha avuto.
Una donna che ha sempre vissuto in un mondo tutto suo, fatto di una sorta di romantica ingenuità mista ad una inesauribile quantità di amore da distribuire. Un mondo generoso, accogliente. Un mondo con la porta costantemente spalancata, per tutti i mondi che vogliono entrare e sedersi alla sua tavola.
Dani ho letto il tuo blog, risento tutto, la solitudine l amarezza la voglia dopo di ricominciare a crederci di nuovo ... hai aperto le braccia con fatica ma anche con la speranza. Amo la tua scrittura e la tua durezza nasconde tante poesie dolce, dolce. sei grande Daniela. Buona vita, buona notte
RispondiElimina