Ho deciso di raccontare questa brutta storia. E ho deciso di farlo, perchè mai come in questo periodo, si parla di truffe, truffatori e relative patologie. E soprattutto perchè, dopo anni, è arrivato il momento di lasciarla andare, questa brutta storia. Soffiandola via con tutta la forza di cui sono capace.
Ve la racconto sintetizzandola al massimo, senza troppi accorgimenti per la forma, perchè è così che va raccontata. Nuda e cruda; anche se so che un breve riassunto non basterà a darvi la misura reale di ciò che ho vissuto. Per questo vi chiedo preventivamente scusa se non vi sembrerò sufficientemente chiara ed esaustiva, sperando che riusciate a mettervi nei miei panni, nonostante le poche informazioni che vi darò.
Qualche anno fa, un mio amico, mi ha chiamata per coordinare un progetto cinematografico, di cui lui sarebbe stato produttore esecutivo, cioè colui che avrebbe amministrato il budget che il produttore, attraverso la sua società di produzione, avrebbe erogato man mano, prima, durante e dopo la lavorazione del film. Il mio amico ha chiamato me e io ho chiamato il mio ispettore di produzione. E' così che funzionano il cinema e la televisione.
La prima volta che ho visto questo produttore (che si è presentato come il fratellastro di un noto imprenditore farmaceutico, di cui non faccio il nome, perchè in questo marasma, è l'unico che non c'entra nulla) è bastato un dettaglio per far scattare il campanello d'allarme del mio istinto. Gli mancavano premolare e molare; per cui il mio istinto mi ha immediatamente detto: "come è possibile che un ricco industriale vada in giro senza due denti?" E io, che stavo vivendo una situazione personale e professionale dolorosamente complicata, ho deciso di ignorarlo. Perchè avevo bisogno di lavorare per sopravvivere e di sopravvivere per affrontare me stessa, la mia dignità di essere umano, la vita che avevo davanti.
Da quel momento, per me e i miei due amici, è cominciata una storia quasi surreale, durata tre mesi e fatta di una miriade di dettagli, volutamente ignorati da tutti e tre, nella speranza di sbagliarci. E, mentre ci dividevamo la poca forza rimasta ad ognuno di noi e la convinzione di meritarci finalmente quell'occasione, abbiamo preparato un intero film, coinvolgendo anche professionisti del mondo del cinema, fra attori e troupe.
In un clima sempre un pò borderline, caratterizzato dalla mia palese ansia perchè facevo finta di non capire, ma capivo ogni giorno di più e i suoi subdoli tentativi di estromettermi dal progetto, perchè sapeva che avevo capito. Non so come spiegarvelo meglio di così. E non so come spiegarvi meglio di così, come io abbia potuto cascarci, anche solo per un istante. Eppure è successo.
A mia discolpa, posso dire che ho provato più volte a fregarlo, con domande specifiche sulla terminologia e l'uso della strumentazione tecnica, nonchè sulla storia professionale e a volte personale dei collaboratori coinvolti nel progetto. E lui sapeva tutto. Ogni cosa. Dal termine tecnico al becero gossip. Tutto. Senza mai tentennare, anzi, a volte anticipando le mie domande con affermazioni inconfutabili.
Ho visto con i miei occhi documenti con timbri di ceralacca; atto di costituzione della società di produzione e relativa carta intestata, sulla quale ho visto contratti con nomi, cognomi, compensi.
Ho visto con i miei occhi l'apertura del conto bancario intestato alla società di produzione; ho visto l'invio dei soldi che ci spettavano e che, però, non arrivavano mai, perchè c'era sempre qualche disguido. Ho visto con i mei occhi locations scelte, casting e prove costumi.
Finchè un giorno, il mio istinto di sopravvivenza mi ha preso a botte, facendomi molto male, ma facendomi finalmente ammettere che eravamo tutti oggetto di una truffa psicologica, organizzata da uno psicopatico vero, affetto da una patologia vera.
Quello stesso giorno, non sto a raccontarvi come, ho scoperto che questo psicopatico in realtà è un ex paziente di una struttura psichiatrica de L'Aquila, dichiarato dagli operatori sanitari idoneo a diventare lui stesso un operatore sanitario.
Ho scoperto che, negli anni, ha rilasciato interviste e parlato a convegni sulla salute mentale. Lui. Un malato di mente vero, parlava in pubblico di salute mentale. Lui. Che è stato condannato in contumacia a sei anni, per aver violentato una ragazza disabile. Lui. Uno stupratore latitante. Uno psyco di dimensioni ciclopiche.
Probabilmente leggere queste righe non darà a nessuno di voi la vera misura di ciò che ho vissuto. Che è stato terribile, ma che mi ha anche lasciato l'unica cosa buona di questa storia infame: l'amicizia fra me e i miei due compagni di avventura; che avremmo potuto massacrarci, incolpandoci a vicenda, ma che abbiamo scelto di farci unire e non dividere dalle nostre personali disperazioni. Per fortuna.
Vi ho raccontato questa storia, per dirvi che ho provato sulla mia pelle quanto per qualcuno sia facile entrare subdolamente nella fragilità altrui, trasformandola in speranza e poi in disperazione. Quanto so che quella disperazione può fare così male, da annullare completamente ogni tipo di raziocinio e di buon senso. Quanto mi ha piegata in due, facendomi costantemente sentire in colpa, per aver usato l'alibi della disperazione, sputando sulla mia intelligenza.
Ci ho messo un bel pò per uscirne.
E dopo anni ho deciso di rendere pubblica una storia fatta di mille dettagli, ognuno dei quali era una tessera posizionata a dovere, per l'effetto domino finale.
Dopo anni, ho deciso di rendere pubblico il nome di questo psyco, di cui potete leggere su internet. Si chiama Gino Falcone. E' tutt'ora latitante. E io ho deciso di lasciarlo andare. Sperando che altri prima o poi lo trovino.
Ve la racconto sintetizzandola al massimo, senza troppi accorgimenti per la forma, perchè è così che va raccontata. Nuda e cruda; anche se so che un breve riassunto non basterà a darvi la misura reale di ciò che ho vissuto. Per questo vi chiedo preventivamente scusa se non vi sembrerò sufficientemente chiara ed esaustiva, sperando che riusciate a mettervi nei miei panni, nonostante le poche informazioni che vi darò.
Qualche anno fa, un mio amico, mi ha chiamata per coordinare un progetto cinematografico, di cui lui sarebbe stato produttore esecutivo, cioè colui che avrebbe amministrato il budget che il produttore, attraverso la sua società di produzione, avrebbe erogato man mano, prima, durante e dopo la lavorazione del film. Il mio amico ha chiamato me e io ho chiamato il mio ispettore di produzione. E' così che funzionano il cinema e la televisione.
La prima volta che ho visto questo produttore (che si è presentato come il fratellastro di un noto imprenditore farmaceutico, di cui non faccio il nome, perchè in questo marasma, è l'unico che non c'entra nulla) è bastato un dettaglio per far scattare il campanello d'allarme del mio istinto. Gli mancavano premolare e molare; per cui il mio istinto mi ha immediatamente detto: "come è possibile che un ricco industriale vada in giro senza due denti?" E io, che stavo vivendo una situazione personale e professionale dolorosamente complicata, ho deciso di ignorarlo. Perchè avevo bisogno di lavorare per sopravvivere e di sopravvivere per affrontare me stessa, la mia dignità di essere umano, la vita che avevo davanti.
Da quel momento, per me e i miei due amici, è cominciata una storia quasi surreale, durata tre mesi e fatta di una miriade di dettagli, volutamente ignorati da tutti e tre, nella speranza di sbagliarci. E, mentre ci dividevamo la poca forza rimasta ad ognuno di noi e la convinzione di meritarci finalmente quell'occasione, abbiamo preparato un intero film, coinvolgendo anche professionisti del mondo del cinema, fra attori e troupe.
In un clima sempre un pò borderline, caratterizzato dalla mia palese ansia perchè facevo finta di non capire, ma capivo ogni giorno di più e i suoi subdoli tentativi di estromettermi dal progetto, perchè sapeva che avevo capito. Non so come spiegarvelo meglio di così. E non so come spiegarvi meglio di così, come io abbia potuto cascarci, anche solo per un istante. Eppure è successo.
A mia discolpa, posso dire che ho provato più volte a fregarlo, con domande specifiche sulla terminologia e l'uso della strumentazione tecnica, nonchè sulla storia professionale e a volte personale dei collaboratori coinvolti nel progetto. E lui sapeva tutto. Ogni cosa. Dal termine tecnico al becero gossip. Tutto. Senza mai tentennare, anzi, a volte anticipando le mie domande con affermazioni inconfutabili.
Ho visto con i miei occhi documenti con timbri di ceralacca; atto di costituzione della società di produzione e relativa carta intestata, sulla quale ho visto contratti con nomi, cognomi, compensi.
Ho visto con i miei occhi l'apertura del conto bancario intestato alla società di produzione; ho visto l'invio dei soldi che ci spettavano e che, però, non arrivavano mai, perchè c'era sempre qualche disguido. Ho visto con i mei occhi locations scelte, casting e prove costumi.
Finchè un giorno, il mio istinto di sopravvivenza mi ha preso a botte, facendomi molto male, ma facendomi finalmente ammettere che eravamo tutti oggetto di una truffa psicologica, organizzata da uno psicopatico vero, affetto da una patologia vera.
Quello stesso giorno, non sto a raccontarvi come, ho scoperto che questo psicopatico in realtà è un ex paziente di una struttura psichiatrica de L'Aquila, dichiarato dagli operatori sanitari idoneo a diventare lui stesso un operatore sanitario.
Ho scoperto che, negli anni, ha rilasciato interviste e parlato a convegni sulla salute mentale. Lui. Un malato di mente vero, parlava in pubblico di salute mentale. Lui. Che è stato condannato in contumacia a sei anni, per aver violentato una ragazza disabile. Lui. Uno stupratore latitante. Uno psyco di dimensioni ciclopiche.
Probabilmente leggere queste righe non darà a nessuno di voi la vera misura di ciò che ho vissuto. Che è stato terribile, ma che mi ha anche lasciato l'unica cosa buona di questa storia infame: l'amicizia fra me e i miei due compagni di avventura; che avremmo potuto massacrarci, incolpandoci a vicenda, ma che abbiamo scelto di farci unire e non dividere dalle nostre personali disperazioni. Per fortuna.
Vi ho raccontato questa storia, per dirvi che ho provato sulla mia pelle quanto per qualcuno sia facile entrare subdolamente nella fragilità altrui, trasformandola in speranza e poi in disperazione. Quanto so che quella disperazione può fare così male, da annullare completamente ogni tipo di raziocinio e di buon senso. Quanto mi ha piegata in due, facendomi costantemente sentire in colpa, per aver usato l'alibi della disperazione, sputando sulla mia intelligenza.
Ci ho messo un bel pò per uscirne.
E dopo anni ho deciso di rendere pubblica una storia fatta di mille dettagli, ognuno dei quali era una tessera posizionata a dovere, per l'effetto domino finale.
Dopo anni, ho deciso di rendere pubblico il nome di questo psyco, di cui potete leggere su internet. Si chiama Gino Falcone. E' tutt'ora latitante. E io ho deciso di lasciarlo andare. Sperando che altri prima o poi lo trovino.
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