NOSTALGICA ME

Riconosco i periodi in cui sono particolarmente sotto stress, perchè apro gli occhi all'alba ed essendo  immediatamente super attiva, la prima cosa di cui ho bisogno in assoluto è fare colazione. Dopodichè, all'alba, prima che inizi la mia giornata, non ho nulla da fare. Quindi mi annoio, quindi penso e non riesco a non pensare, perchè in modo del tutto autonomo, i complicati ingranaggi del mio cervello si mettono in moto e capisco di essere leggermente nei guai.
Oltretutto, in questi giorni l'alba è fredda e buia. E il  buio e il freddo sono due situazioni che non ho mai amato. Il primo mi fa paura da sempre. Il secondo, riesco a tollerarlo solo quando posso condividerlo con chi amo, riscaldando l'una il freddo dell'altro.
In questi momenti, mi piacerebbe essere estremamente lucida e razionale. Mi piacerebbe pensare al mio prossimo futuro, al mio prossimo progetto, al mio prossimo  fidanzato, o anche solo a come mi vorrei vestire oggi. Invece no. In questi momenti sono tutt'altro che lucida e razionale. Anzi, divento fragile e il cuore, nei momenti di fragilità, si prende vigliaccamente tutto lo spazio che vuole e vince facile sulla mente, che sa già di non avere alcuna possibilità uscirne illesa. E il bastardo, fra calci e spintoni, spalanca la porta ai ricordi. Alcuni entrano facendo un casino bestiale, fra urla e schiamazzi. I più caciaroni. Quelli che mi strappano una risata. Altri entrano  in punta di piedi. I più subdoli. Quelli a cui non pensavo da tanto. Quelli che mi strappano un timido e involontario sorriso e una timida e meno involontaria lacrima. E mi fregano, mentre stendono il tappeto rosso alla nostalgia, subdola almeno quanto loro. Perchè non c'è modo di arginarla o confinarla in un angolo del corpo. Perchè la nostalgia non è classificabile fra i sentimenti, non è associabile a niente altro che non sia il prodotto delle nostre vittorie, delle nostre sconfitte, delle nostre scelte, della nostra vita. La nostalgia è amorfa.  Tocca a noi darle forma e sembianza.  La mia è un donnone corpulento, dal passo pesante, prepotente, rumoroso. Che, come si dice a Napoli "trase 'e sicc e se mette 'e chiatt", cioè entra timidamente, in punta di piedi e, una volta entrata, si sente la padrona. Si siede ovunque, tocca tutto, sposta ogni cosa. Invadente come poche, maleducata, altezzosa, mi restituisce desideri, emozioni, sentimenti e poi gira il culo e se ne va, senza neanche una carezza, lasciandomi in balia di quel certo non so che, che mi si incolla addosso, come lo smog e mi entra nelle ossa, come l'umidità. Che mi condiziona le giornate, mi fa  pensare al tempo che passa, ad attimi di vita, a persone lontane, che mi mancano e che vorrei abbracciare e guardare negli occhi senza parlare, perchè non serve. E capisco che non c'è niente da fare. E non ci sarà niente da fare per un pò.
Perchè ho nostalgia della mia famiglia. Mi manca. Mi mancano sorelle, fratelli, cognate, nipoti. Mi manca il nostro sangue. Mi manca il nostro vissuto tutti insieme che conosco e custodisco gelosamente e mi manca quello di ognuno di loro che posso solo immaginare.  Ho nostalgia dei miei amici, del tempo trascorso con loro e di quello che con loro non riesco a trascorrere. Ho nostalgia di Daniela. Mi manca quello che avrei voluto essere e non ho potuto. E quello che avrei potuto essere e non ho voluto. Mi mancano il rimpianto e il rimorso per entrambe le cose. Quello che non mi manca, è l'intenzione, la volontà e la capacità di riconoscere, accettare e arruffianarmi la nostalgica me, portandomela appresso ovunque e condividendo con lei  luoghi, parole, note, attimi di vita. Finchè non è sazia. O stanca. O annoiata. E se ne va. Tronfia, superba,  sarcastica ed erroneamente convinta di aver vinto su di me. Erroneamente, si. Fino alla prossima volta.















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