LAGNAMELAGNA

"Lagnamelagna". Questo era il mio soprannome da bambina, perchè piangevo sempre. Non ricordo chi dei miei cugini me lo abbia appioppato e in fondo non ha molta importanza. Ricordo che faceva sorridere tutti, tranne ovviamente me, che l'ho sempre considerato inutilmente offensivo, oltre che foneticamente sgradevole.
Però ho deciso di condividerlo ugualmente, questo nomignolo orrendo; perchè comunque è un aspetto di me che in pochissimi conoscono, anche se ormai fa parte di ciò che del mio passato sto lasciando definitivamente andare.
E' vero che, condividendo pubblicamente, sto correndo il rischio di incappare nell'infelice stupidità di chi campa insultando il prossimo, ma è altrettanto vero che confido nell'intelligenza, nella sensibilità e nel senso del rispetto di chi mi legge. Che è quello che conta.
Fatto sta, che da bambina piangevo spesso. Chissà se qualcuno mai si è domandato realmente il perchè. Io me lo chiedo da anni. Magari era solo istinto di autoprotezione, perchè non avevo più mia madre, che stava per essere sostituita da un'altra donna, con cui avrei dovuto dividere l'amore di mio padre.  In ogni caso, piangevo tanto, si. Ero proprio lagnamelagna. Me lo ricordo bene. Quello che non ricordo, invece sono abbracci, baci e carezze. Che il mio pianto avesse o meno un valido motivo. Ma non equivocate, non faccio del vittimismo, non è nel mio stile. E' che quando mi viene in mente il ricordo di una situazione in cui piangevo, cerco anche di ricordarmene il perchè. Ma non riesco quasi mnai a trovare una risposta.  E, sinceramente, anche se ce ne fosse una, non avrebbe alcuna importanza, perchè una carezza, un abbraccio, o entrambi, avrebbero avuto un valore che una risposta, per quanto logica, non avrebbe mai potuto avere.
E non è che io, da adulta,  abbia smesso di piangere, sapete. Ne ho versate e ne verso, di lacrime.
C'è stato un periodo, diverso tempo fa, in cui ho pianto tutte le mattine svegliandomi e tutte le sere addormentandomi. Per 365 giorni. Senza tralasciarne neanche uno. Per 365 giorni il pianto è stato il mio unico familiare, il mio unico amante, il mio unico amico. E' stato un anno terribile, durante il quale ho pianto per chiunque e per qualunque cosa.
Ho pianto per amore, per sofferenza, per nostalgia, per solitudine, per paura, per disperazione, per senso di abbandono. Ho pianto per il tempo sprecato,  per le risposte che non avevo, per la semplicità di quelle che riuscivo a trovare e per la difficoltà di accettarle. Ho pianto perchè non sentivo più una mano sulla spalla. Nemmeno la mia.
Poi ho capito che, in fondo, anche il pianto serve a stabilire chi siamo. E ho cominciato a capirne il significato. Ho imparato a capirne le ragioni, le sfumature. Ho imparato a lasciarlo libero. A non giudicarlo. A non vergognarmene. Ho imparato ad averne rispetto. Ho imparato a conoscerlo e riconoscerlo. A riconoscerne sapore e odore, consistenza, scarsità e abbondanza. Ho imparato a comprenderlo e ad amarlo. Ed è a lui che dedico le carezze, gli abbracci e i baci che non ho mai avuto. Si, li dedico a lui. Al mio pianto. Forte, disperato, sofferente, gioioso, incazzato, emozionato, divertito. Se li merita tutti.
E adesso faccio un bel respiro, mi asciugo le lacrime, sorrido e premo invio.













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