IL RAZZISMO CHE CONVIENE

Io sono una che non ha paura di dire la propria opinione, anche a costo di essere considerata impopolare. Me ne frego dei giudizi sommari e delle sante inquisizioni improvvisate e se ho un pensiero da esprimere lo esprimo. E voglio esprimerne uno a proposito del cosiddetto "razzismo", che pare improvvisamente tornato in cima alle classifiche delle cose più orrende appartenenti al genere umano. Ma solo quando ci pare e piace e senza un minimo di reale cognizione di causa.
Ormai ci si improvvisa razzisti o si prende un pretesto stupido e inutile, per accusare qualcun'altro di razzismo. A volte solo per essere inquadrati o ascoltati in tv, consapevoli, oltretutto,  di prendersi tutti gli insulti del mondo. E fregandosene. I razzisti improvvisati o prezzolati saltano fuori  da ogni dove. E la loro indegna visibilità, richiama altri razzisti altrettanto improvvisati o prezzolati.
E' questa la triste realtà.  Ed è davanti a roba così ipocritamente squallida, che io sento il bisogno impellente di dire la mia. Opinabile o meno. Condivisibile o meno, è la mia. E vale quanto quella di un razzista, vero o finto che sia.
Il razzismo dovrebbe riguardare l'etnia, il colore della pelle, lo stile di vita.  Sicuramente non le lotte intestine fra regioni dello stesso paese,  per questioni di dialetto o di modus vivendi. E sottolineo dovrebbe, perchè  credo che  "razzismo" sia un termine ormai obsoleto, che non rappresenta più nessun tipo di ideologia o di convinzione. Certo, e' una piaga che esiste e resiste, che ha umiliato e annientato interi popoli e che ancora oggi si manifesta in tutta la sua degradante bruttezza, è vero.
Ma è altrettanto vero che, in molti casi, noi italiani abbiamo l'abitudine di giocare a fare i razzisti, per poi improvvisamente smettere di esserlo. Quando ci conviene.
Quando, dimenticandoci che fanno parte della famiglia, lasciamo i nostri anziani nelle mani di sconosciute badanti straniere. E poi, pieni di ipocrita meraviglia, magari andiamo in tv a denunciarle, perchè li hanno picchiati o derubati. O entrambe le cose.
O quando andiamo a comprare la qualunque negli empori cinesi; dalla carta igienica al caricabatterie, pensando di aver fatto un affarone, ma sapendo perfettamente che la carta igienica durerà un nanosecondo e il caricabatterie ci friggerà il cellulare. E poi ce ne lamentiamo perchè ne siamo invasi.
O quando facciamo la spesa nei negozietti dei cingalesi, benedicendoli perchè sono aperti h 24, 365 giorni all'anno e a prezzi accessibili. E poi il nostro appartamento col cavolo che glielo affittiamo.
E non voglio tralasciare l'imbarazzante, modaiola quantità di uomini che, per almeno un decennio, con due vestitini e la promessa di una vita migliore, andava a Cuba o in Brasile, per comprare la dignità delle ragazzine.
O Le tantissime donne che, dopo anni di casa, chiesa e unilaterale fedeltà, il tutto intriso di finto moralismo, si concedevano e, ora più che mai, si concedono una vacanza con annesso uomo nero, possibilmente giovane e prestante che, appunto, si presti al loro personalissimo, remunerato sollazzo.
Io credo che il razzismo, quello di cui tanto ci riempiamo la bocca, sia soltanto il frutto di ignoranza e conseguente non educazione al rispetto per l'essere umano. Credo sia frutto di  retaggio familiare. Di menefreghismo genitoriale. Di mancanza di valori personali.  Ma soprattutto credo sia frutto di presunzione, supponenza, senso di superiorità, delirio di onnipotenza, egoismo.
La non accettazione della cultura altrui, del credo altrui, dello stile di vita altrui, è solo la paura che altri, non appartenenti  al nostro circoletto vizioso e viziato,  possano invadere la nostra vita, entrare nel nostro orticello e mangiare i nostri pomodori. Meglio che vadano a raccogliere quelli degli altri. Quindi o evitiamo che entrino, o li cacciamo quando riescono ad entrare. E non perchè li consideriamo realmente una razza inferiore, ma perchè altrimenti toccherebbe a noi. E a noi italiani proprio non ci va di andare a raccogliere i pomodori degli altri.
In buona sostanza e sempre e soltanto secondo me, quello che noi attualmente e impropriamente chiamiamo razzismo, non è altro che il frutto della manipolazione di menti più scaltre su menti più fragili; di reali possibilità su reale disperazione; di cieca e bieca discriminazione; di rifiuto e di paura di qualunque tipo di diversità. Spesso conviene. Si chiama ipocrisia.









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