I miei primi 15 anni di vita li ho vissuti a Napoli, in un bel quartiere. Sono stata fortunata, se non altro per ragioni logistiche. Per esempio, logisticamente parlando, i giardinetti di Corso Vittorio Emanuele erano considerati come la miglior location, perchè vicina a tutte le case in cui ho ho abitato. Per me, invece, sono stati dei veri protagonisti nella mia storia di bambina e di adolescente.
Sono stati il mio parco giochi personale. Il mio punto di riferimento. Il mio luogo di confronto. Il mio luogo di crescita. Mi ci portava mia sorella più grande. E io ci portavo i miei fratelli più piccoli, perchè lo consideravo un posto sicuro.
Ci siamo passati tutti noi d'Urso per quei giardinetti. Tutti mano nella mano.
Mi ricordo che da bimba mi portavo sempre un secchiello e una paletta, per impastare la terra con l'acqua che zampillava dalla fontanella di pietra. Adoravo l'odore della terra bagnata. Un odore che mi è rimasto dentro. E che tutt'ora mi da una sensazione che non riesco a definire, anche se in realtà, di darle una definizione non me ne frega niente. Quell'odore mi piaceva e mi piace. Punto. Non c'è bisogno di spiegarne il perchè.
Ovviamente, dopo tutto questo tempo, i giardinetti non sono più gli stessi. E non per la loro graduale quanto logica trasformazione, ma per lo stato di graduale abbandono, nonostante l'impegno di chi invece ha a cuore quel posto. Per puro senso civico. Per puro affetto. O per entrambi.
Io, che vivo lontana da più di trent'anni, posso pensarci solo ed esclusivamente per puro affetto, per tutto quello che hanno rappresentato per me, mentre mi preparavo ad affrontare la vita con la sottile, costante consapevolezza che non sarebbe per niente stato facile.
Quel posto pieno di mamme con passeggini, di squadre di calcio improvvisate, di motociclisti in erba, di canzoni d'amore e di sguardi un pò nascosti, mi ha regalato tantissimo. Il primo muretto su cui i ragazzi si sedevano a fumare col pacchetto di sigarette nel taschino della camicia. I primi pettegolezzi detti a mezza bocca con le amiche. La prima cotta per un ragazzo più grande di me che neanche mi vedeva. Il primo fidanzatino. I primi complimenti. I primi "ti vuoi mettere con me?". I primi si e i primi no. I primi baci sulle panchine di pietra. E soprattutto i primi amici. Non i classici compagni di scuola, ma meravigliosi compagni di vita. Compagni di giardinetti, di panchine di pietra, di muretto, di fontanella. Di terra bagnata.
Stanno tutti lì, nel cassetto dei ricordi, quelli belli. Quelli indelebili. Insieme a coloro che non ci sono più ma che stanno lì, dov'è giusto che siano. Dove la memoria del mio cuore li vuole. Perchè sono il mio odore di terra bagnata. Sono il mio odore dentro.
Sono stati il mio parco giochi personale. Il mio punto di riferimento. Il mio luogo di confronto. Il mio luogo di crescita. Mi ci portava mia sorella più grande. E io ci portavo i miei fratelli più piccoli, perchè lo consideravo un posto sicuro.
Ci siamo passati tutti noi d'Urso per quei giardinetti. Tutti mano nella mano.
Mi ricordo che da bimba mi portavo sempre un secchiello e una paletta, per impastare la terra con l'acqua che zampillava dalla fontanella di pietra. Adoravo l'odore della terra bagnata. Un odore che mi è rimasto dentro. E che tutt'ora mi da una sensazione che non riesco a definire, anche se in realtà, di darle una definizione non me ne frega niente. Quell'odore mi piaceva e mi piace. Punto. Non c'è bisogno di spiegarne il perchè.
Ovviamente, dopo tutto questo tempo, i giardinetti non sono più gli stessi. E non per la loro graduale quanto logica trasformazione, ma per lo stato di graduale abbandono, nonostante l'impegno di chi invece ha a cuore quel posto. Per puro senso civico. Per puro affetto. O per entrambi.
Io, che vivo lontana da più di trent'anni, posso pensarci solo ed esclusivamente per puro affetto, per tutto quello che hanno rappresentato per me, mentre mi preparavo ad affrontare la vita con la sottile, costante consapevolezza che non sarebbe per niente stato facile.
Quel posto pieno di mamme con passeggini, di squadre di calcio improvvisate, di motociclisti in erba, di canzoni d'amore e di sguardi un pò nascosti, mi ha regalato tantissimo. Il primo muretto su cui i ragazzi si sedevano a fumare col pacchetto di sigarette nel taschino della camicia. I primi pettegolezzi detti a mezza bocca con le amiche. La prima cotta per un ragazzo più grande di me che neanche mi vedeva. Il primo fidanzatino. I primi complimenti. I primi "ti vuoi mettere con me?". I primi si e i primi no. I primi baci sulle panchine di pietra. E soprattutto i primi amici. Non i classici compagni di scuola, ma meravigliosi compagni di vita. Compagni di giardinetti, di panchine di pietra, di muretto, di fontanella. Di terra bagnata.
Stanno tutti lì, nel cassetto dei ricordi, quelli belli. Quelli indelebili. Insieme a coloro che non ci sono più ma che stanno lì, dov'è giusto che siano. Dove la memoria del mio cuore li vuole. Perchè sono il mio odore di terra bagnata. Sono il mio odore dentro.
Commenti
Posta un commento