L'ALIBI

Oggi ho letto della protesta in un quartiere di Roma, per cacciare le famiglie nomadi dagli alloggi popolari a loro assegnati e il mio primo pensiero è stato: "perchè a loro, quando ci sono intere famiglie italiane che vivono nell'indigenza?" Ma è stato un pensiero istintivo e forse anche un pò preconfezionato, perchè, come sempre, quando le cose non ci toccano direttamente, pensiamo che l'istinto possa giudicare e giustificare tutto e tutti. E invece no. Ognuno di noi  è libero di esprimere la propria opinione su quello che accade nel mondo ed è libero di scegliere se e con chi schierarsi e non può essere condannato  per la diversità del suo pensiero, anche di fronte ad una realtà oggettiva.
Io penso che non si dovrebbe mai generalizzare. E invece accade continuamente. Generalizziamo, facciamo di tutta l'erba un fascio, contribuendo, più o meno consapevolmente, al proliferare di movimenti estremi ed estremisti vicini al nazismo, che fanno leva su vecchie menti nostalgiche e  influenzano giovani menti confuse e manipolabili.
Nell'immaginario collettivo, lo schierarsi è quasi sempre associato alla violenza, o comunque allo scontro fisico; l'alibi usato è sempre il solito: da un lato i politici comodamente seduti su poltrone di pelle umana, profumatamente pagati, a pontificare inutilmente e dall'altro i cittadini, confusi e spaventati, costretti ad agire e a menare sonoramente in nome e per conto. Anche perchè è  logisticamente più facile pestare a sangue un immigrato o minacciare di morte una famiglia nomade, che andare a sputare in faccia al politico di turno, logisticamente più difficile da raggiungere, ma che, fra i due, è logisticamente quello che un giorno potrebbe essere utile, nel caso si cambi idea o ideologia. Si chiama compromesso.
Volendo essere onesta, per quello che vedo, o per quello che voglio vedere, per me i rom sono quelli che rubano nelle metro, quelli che ravanano nei cassonetti della spazzatura, quelli buttati per strada con in braccio bimbi esposti a qualunque tipo di clima e di malattia. E non mi piacciono, hanno i tratti somatici di chi vuole incutere paura, di chi vuole prevalere, di chi sa che verrà odiato, colpevolizzato e forse picchiato e se ne frega e, istintivamente, mi viene da fare il paragone con le barbone nostrane, che i figli li fanno lo stesso ma che scelgono di abbandonarli, nell'egoistica speranza che abbiano una vita migliore e i cui tratti somatici mi suscitano solo tristezza e compassione. Poi ci rifletto e penso che entrambe le situazioni, che siano scelte di vita o meno,  non sono giustificabili, perchè coinvolgono altre vite che, invece, non hanno alcuna possibilità di scegliere. E mi incazzo. E tanto anche. Ma di certo non mi viene in mente di prendere a botte qualcuno, dando oltretutto la colpa a qualcun'altro. In primis perchè  non sono una persona violenta e poi perchè sono convinta che non esista alibi, nè pensiero, nè convinzione, che possa giustificare un atto di violenza.
Io non credo che tutti gli immigrati e tutti i rom siano ladri, assassini e stupratori. Credo che  fra di loro ci siano le mele marce, come in ogni popolo che ospita o che viene ospitato.
Credo nella personalissima, differente percezione che ho della rom con il figlio in fasce, rispetto alla barbona con il cucciolo di cane. Credo che, proprio per questo, dovremmo provare a giudicare di meno e a conoscere di più le realtà diverse dalla nostra. Credo di avere l'egoistica consapevolezza che probabilmente io per prima non lo farò mai. Credo di essere assolutamente banale se scrivo che potremmo essere tutti più forti di quello che siamo, senza essere violenti.  Credo che prima di sputare una sentenza e condannare qualcuno al rogo, dovremmo guardare in casa nostra. Magari senza paraocchi.




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