E' difficile esprimere il proprio pensiero su un argomento delicato come la disabilità, senza far trasparire buonismo o pietismo e senza generalizzare. Ho sempre la latente sensazione che parlarne da persona fisicamente sana, sia sempre e comunque poco rispettoso, ma ho anche la convinzione che il proprio pensiero, nella maniera più educata possibile, debba sempre e comunque essere espresso. Quindi esprimo...
Diciamoci la verità, nascere senza una o più parti del corpo è nascere disabile, c'è poco da girarci intorno. E' inutile tentare di ingentilire la durezza del termine, sostituendolo con "diversamente abile" o qualunque altro termine di nuovo conio perchè l'importanza e la delicatezza dell'argomento non cambiano. Cambia solo l'intenzione con cui se ne parla.
Quando avere a che fare con la disabilità non è una precisa scelta di vita, fa paura addentrarsi in un mondo pieno di persone straordinarie, che potrebbero insegnarci tanto sul coraggio e la dignità. E invece no. Paradossalmente a farci paura, impedendoci di andare oltre, è proprio la consapevolezza che potremmo imparare molto, sulla nostra pelle.
Quindi preferiamo restare in superficie, spettatori compassionevoli di chi è fisicamente meno fortunato di noi. E così ce la caviamo. Per il rotto della cuffia, con 2 euro dal cellulare, o una lacrimuccia guardandoli in tv, ma ce la caviamo sempre, consapevoli che guardarli con gli occhi della pietà mascherata da rispetto ci fa sentire meglio. Sulla loro pelle.
Qualche anno fa, sul set di un programma in cui lavoravo, ho conosciuto Simona Atzori, ballerina e pittrice di grande talento, nata senza entrambi gli arti superiori.
Sarei un'ipocrita se dicessi che la sua fisicità non mi ha colpita immediatamente.
Certo che mi ha colpita, come un cazzotto bello forte nella bocca dello stomaco anche se, in realtà, non saprò mai spiegare davvero quello che ho provato guardandola ballare e soprattutto guardandola vivere la quotidianità dei gesti, usando con estrema naturalezza i piedi al posto delle mani.
Ribadisco: non l'ho osservata, l'ho guardata. E l'enorme differenza fra le due azioni era solo merito suo.
Conoscerla è stato importante. E emozionante. E commovente. E sorprendente. In ogni caso, niente a che vedere con la paura o la compassione.
Ribadisco: non l'ho osservata, l'ho guardata. E l'enorme differenza fra le due azioni era solo merito suo.
Conoscerla è stato importante. E emozionante. E commovente. E sorprendente. In ogni caso, niente a che vedere con la paura o la compassione.
"Diversamente abili", così definiamo le persone disabili. Forse perchè pare brutto definirli solo "diversi" da noi, anche se è oggettivo che, quantomeno fisicamente, lo sono. Così com'è oggettivo che Simona Atzori danza e io sono un pezzo di legno. Simona Atzori dipinge e io non so neanche tenere una matita in mano.
Certo, io ho le braccia e lei no, ma fra me e lei, quella davvero abile è lei. E non diversamente, ma oggettivamente.
Non resta che inchinarsi.
Certo, io ho le braccia e lei no, ma fra me e lei, quella davvero abile è lei. E non diversamente, ma oggettivamente.
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